Nell’ambito del lavoro di cura, quello svolto dal caregiver familiare è particolarmente oneroso, infatti l’esposizione a fattori di stress cronici, quali disturbi comportamentali, fisiologici e cognitivi del familiare assistito, può portare i caregivers incontro a difficoltà psicosociali, comportamenti rischiosi per la salute, caregiver burden ed infine, ad un peggioramento nel loro stesso funzionamento cognitivo.
Chi è il caregiver informale?
Caregiver è un termine inglese che definisce la figura che si prende cura di una persona malata, anziana o con una qualche forma di disabilità, aiutandola nello svolgimento delle attività di vita quotidiana e nella gestione della malattia (esami, visite mediche, terapie da seguir ecc..), offrendole anche un importante sostegno emotivo.
Quando ci riferiamo ai familiari che si prendono cura, si utilizza l’espressione caregiver “informali”, per distinguerli da quelli “formali” che sono adeguatamente formati, operano professionalmente e hanno un ruolo pubblico (De Beni & Borella, 2015). I caregivers informali assistono in modo spontaneo e gratuito, un proprio congiunto non in grado di svolgere autonomamente gli atti necessari alla vita quotidiana a causa di una disabilità (Mondini et al., 2016). I loro compiti costituiscono un ampio ventaglio di mansioni e responsabilità che variano in base al grado di autonomia del familiare assistito e alla presenza della rete di supporto attorno alla famiglia. La disabilità è un problema che coinvolge soprattutto la fascia di popolazione più anziana.
Quali sono gli effetti sulla salute del caregiver?
Si parla sempre di più di caregiver burden, per intendere un costrutto multidimensionale che si riferisce all’esposizione prolungata a fattori di stress legati al carico assistenziale (burden) a causa dei quali, la salute fisica e psichica, la vita sociale e lo status economico del caregiver entrano in uno stato di sofferenza (De Beni & Borella, 2015). Infatti, il caregiving ha un vero e proprio impatto su diverse dimensioni della vita della persona che assiste. La salute fisica risulta fortemente minacciata, tanto da avere spesso degli esiti patologici. I fattori di stress conducono ad un aumento dell’ormone dello stress che porta a sua volta ad un’attivazione fisiologica ripetuta e ad un controllo inefficiente delle risposte fisiologiche (De Beni & Borella 2015); lo stress, oltre all’abbassamento delle difese immunitarie, può condurre alla messa in atto di comportamenti a rischio per la salute come una dieta povera, uno stile di vita sedentario, una scorretta igiene del sonno e il maggior uso di medicinali, soprattutto psicofarmaci. Il benessere psicologico percepito tende a diminuire. I caregiver affermano di essere più depressi, hanno un minore senso di autostima e senso di autoefficacia, cioè una minore percezione di se stessi come persone di essere in grado di fare. Le conseguenze sono evidenti anche a livello del funzionamento cognitivo, infatti i mostrano livelli inferiori sia di attenzione che di velocità di elaborazione delle informazioni.
Quali sono i fattori che contribuiscono al caregiver burden?
I fattori che contribuiscono al caregiver burden sono legati ad aspetti relativi sia al paziente sia al caregiver. Si è visto che né la severità della patologia del familiare assistito, né la quantità di tempo che il familiare dedica alle attività di caregiving sono predittori adeguati delle conseguenze sulla salute fisica o psicologica del caregiver stesso (De Beni & Borella, 2015).
I disturbi comportamentali del familiare assistito, in particolare quelli di natura aggressiva, peggiorano la salute del caregiver, soprattutto quando compaiono fin dagli esordi della malattia. Inoltre, il wandering notturno, con cui si intende il girovagare senza meta tipico nei pazienti con diagnosi di Alzheimer, influisce sui caregiver più vulnerabili che hanno difficoltà a riaddormentarsi dopo essere stati svegliati. Il sonno perduto viene colmato con riposi diurni, alto consumo di caffè o con una lunga permanenza a letto per recuperare le energie. Infine, maggiore la consapevolezza che il malato ha dei propri disturbi, maggiore è l’effetto negativo sull’umore di chi lo assiste.
Tra i fattori relativi al paziente, i caregivers con più alti livelli di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale privilegiano strategie di fronteggiamento centrate sull’emozione. In modo particolare, utilizzano queste strategie: sperano che la situazione migliori, si preoccupano eccessivamente sia del malato sia del proprio ruolo di caregiver, perseverano nel volersi occupare solo del malato tendendo per sé problemi e sentimenti (De Beni & Borella, 2015). Infine, i caregivers particolarmente reattivi al cambiamento giornaliero presentano livelli più alti di stress. Compiti ed eventi che ricorrono con tempistiche non prevedibili sono poco tollerate.
Fonti:
De Beni, R., Borella, E. (2015). Psicologia dell’invecchiamento e della longevità. Bologna: Il Mulino.
Mondini, S., Mapelli, D., Arcara, G. (2016). Semeiotica e diagnosi neuropsicologica. Metodologia per la Valutazione. Roma: Carocci Editore.